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Zanzara Tigre: Intervento Tempestivo

L’Italia ricorderà l’estate appena trascorsa con un pizzico di apprensione. Nel mese di agosto, l’Emilia Romagna ha infatti lanciato l’allarme per il diffondersi di un insolito virus, la “Chikungunya”, provocato dalla puntura della zanzara tigre. A distanza di qualche tempo, pero’, ci si rende conto come la situazione, al di la’ del comprensibile allarmismo iniziale, sia stata tenuta ampiamente sotto controllo dai servizi sanitari locali. I casi registrati di contagio sono stati circa 150 confermati a settembre. E oggi questo insetto e’ guardato con meno timore.

Il virus al microscopio

E’ la prima volta che il virus della Chikungunya (che in lingua swahili, significa “andare curvo”, in riferimento agli intensi dolori che puo’ provocare, insieme a febbre ed eruzioni cutanee) si diffonde in questo modo nel nostro Paese: fino ad oggi si erano infatti registrati solo casi isolati.

Dal suo ingresso in Italia nel 1990, la zanzara tigre (Aedes albopictus) si e’ rapidamente adattata alle nostre latitudini. In particolare, nell’area centro-settentrionale ha trovato condizioni climatiche favorevoli al suo insediamento, a causa di maggiore umidita’ ambientale.

I focolai di sviluppo larvale di questo insetto non sono presenti in natura, ma sono da ricercarsi in una moltitudine di contenitori di uso quotidiano e nell’habitat cittadino: dal sottovaso al tappo di bottiglia, dai copertoni ai bidoncini domestici per la raccolta di acqua piovana, con un’elevata concentrazione nei tombini stradali. La difesa dalla zanzara tigre e’ basata sulla disinfestazione e su misure di protezione individuale, quali l’uso di repellenti cutanei e zanzariere.

Intervento tempestivo

Il Servizio sanitario regionale dell’Emilia Romagna “ha agito correttamente e tempestivamente riuscendo a contenere il numero dei casi”. E’ questa una delle principali conclusioni cui e’ giunta una delegazione mista composta da rappresentanti Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) e Oms (Organizzazione mondiale sanita’), che ha recentemente svolto una missione esplorativa e di valutazione del rischio nel territorio.

Denis Coulombier, responsabile dell’Area preparazione e gestione dell’emergenza di Ecdc, ha sottolineato come “i casi d’infezione siano stati correttamente individuati, e sia stato fatto tutto per evitare la trasmissione del virus. Ma cio’ che qui abbiamo capito e’ che questi focolai possono manifestarsi in qualsiasi Stato dell’Unione europea, noi dobbiamo quindi imparare a convivere con questo rischio”. E’ stato inoltre reso noto che gli organismi sanitari europei erano in stato di allerta, perché gia’ da 20 mesi avevano previsto la forte possibilita’ di un focolaio nel sud del continente.

“Da parte nostra – ha aggiunto l’assessore regionale alle politiche per la salute Giovanni Bissoni – continueremo a mantenere alta l’allerta perché i casi sporadici restino tali, impegnandoci in particolare nella lotta alla zanzara tigre, approfittando anche della stagione invernale, cercando il massimo coinvolgimento di tutti i cittadini di questa regione per mettere in pratica nel miglior modo possibile le linee guida da noi stabilite insieme agli Enti locali. Oltre a cio’, continueremo nel programma dei piani di disinfestazione,organizzando e controllando i servizi esterni ad essa deputati. In ogni caso la Regione esce da questa indagine rafforzata nei suoi obiettivi e nelle sue strategie”.

Piano operativo

Gli interventi descritti di seguito sono stati prescritti dall’Istituto Superiore di Sanita’ allo scopo di isolare e circoscrivere l’area dove si e’ verificato uno o piu’ casi di febbre da Chikungunya virus, riducendo la densita’ dell’insetto vettore. Il protocollo descrive l’intervento di controllo che si basa sostanzialmente su due attivita’: la disinfestazione dell’area incriminata con insetticidi adulticidi e larvicidi contro Aedes albopictus, sia sul suolo pubblico che nei fondi privati; la ricerca e l’eliminazione dei focolai larvali peridomestici con ispezioni “porta a porta” delle abitazioni comprese nella zona segnalata.

Protocollo da seguire

Il protocollo che segue descrive le operazioni di emergenza relative alla comparsa di un nuovo focolaio di infezione. Caratteristica epidemiologica della febbre da Chikungunya virus e’ la rapidita’ con cui si diffonde, con conseguente andamento epidemico. Pertanto, per isolare e circoscrivere un nuovo focolaio la risposta deve essere molto rapida.

Lo schema tipico dell’intervento di lotta antivettoriale prevede tre fasi: pianificazione, esecuzione, verifica.

  • Come scatta l’intervento: a seguito di identificazione di un caso di infezione da Chikungunya virus, sia certo che sospetto, da parte dell’autorita’ sanitaria competente.
  • Obiettivo: riduzione drastica della densita’ del vettore.
  • Definizione dell’area interessata: in caso di singolo fabbricato, la zona da trattare sara’ inizialmente compresa entro un raggio di 200 metri dalla casa indice, che potra’ essere ampliata di altri 100 – 200 metri qualora si verifichino altri fenomeni all’interno della prima fascia. Per quanto riguarda appartamenti, condomini o comunque agglomerati di piu’ fabbricati, l’area da trattare sara’ stabilita volta per volta.
  • Mappatura: mappatura dell’area d’intervento su cartografia classica dettagliata (catasto 1:25.000) o su cartografia elettronica Raster gestita con un Sistema Geografico Informativo (GIS), con divisione in settori operativi in caso di area molto vasta.
  • Sopralluogo: un rapido sopralluogo precedera’ l’intervento al fine di valutare gli eventuali ostacoli o problemi che potrebbero rallentare le procedure e richiedendo, qualora necessario, l’ausilio o la scorta di una pattuglia della Polizia Municipale.

Interventi adulticidi

  • Scelta dei prodotti: classe chimica di appartenenza: derivati di sintesi del piretro (Piretroidi). Si raccomanda l’impiego di una miscela di due principi attivi, uno fotolabile, dotato di rapido poter abbattente (i cosiddetti piretroidi di prima generazione), il secondo fotostabile, dotato di attivita’ residuale (detti di seconda o terza generazione). La miscela deve essere sinergizzata con piperonile butossido.
  • Formulati: i prodotti devono essere formulati come concentrati emulsionabili o equivalenti, di tipo “Flowable”; senza solventi organici. Sebbene i prodotti commerciali siano tutti registrati presso il Ministero della Salute, si scelgano quelli che, a parita’ di efficacia, sono classificati col miglior profilo tossicologico.
  • Attrezzatura: atomizzatori/ nebulizzatori automontati (per trattamenti sul suolo pubblico) o spalleggiati (fondi privati). Il prodotto sara’ diffuso a volume medio-basso (diametro delle particelle intorno ai 50 micron).
  • Modalita’ dei trattamenti: i trattamenti adulticidi sul suolo pubblico vanno effettuati durante le prime ore del mattino (dalle 4 alle 6). Verra’ trattato il verde presente lungo le strade, nei due sensi di marcia, e all’interno dei giardini privati (siepi, alberi bassi, cespugli, erba alta) ad altezza d’uomo. La canna dell’apparecchio, avanzando, sara’ brandeggiata con lento movimento dall’alto in basso e viceversa, interessando una fascia di verde compresa tra suolo e circa 3 metri d’altezza.
  • Numero e periodicita’ dei trattamenti: lo schema generale prevede almeno 3 giorni consecutivi di trattamenti mattutini, mentre solo per il primo giorno si effettuera’ anche un secondo trattamento serale. Ulteriori cicli potranno essere effettuati in base all’andamento del dato epidemiologico e alle indicazioni del sistema di monitoraggio.

Interventi larvicidi

  • Principi attivi: sul suolo pubblico regolatori della crescita o inibitori della chitina, oppure biologici a base di Bacillus thuringiensis israelensis per i fondi privati.
  • Formulati: suolo pubblico preferibilmente concentrati emulsionabili, pastiglie per i siti difficili da raggiungere con la pompa. Preferibilmente pastiglie o tavolette per i privati.
  • Attrezzatura per il trattamento: lancia con serbatoio automontato o pompa a pressione costante spalleggiabile.
  • Modalita’ dei trattamenti: i focolai sul suolo pubblico sono costituiti principalmente da tombini e caditoie per lo smaltimento delle acque di superficie. La soluzione d’impiego va preparata in maniera tale da far si’ che la dovuta quantita’ di p.a. da inserire nel tombino sia veicolata da almeno 100/150 ml di soluzione stessa. Nei fondi privati vanno trattati solo ed esclusivamente quei potenziali focolai che non possono essere rimossi.
  • Periodicita’: la periodicita’ dei trattamenti sul suolo pubblico va definita in base al prodotto usato. In media, in assenza di pioggia, l’operazione puo’ essere effettuata ogni 10-15 giorni. Preparare la soluzione d’impie¬go in modo tale che la prevista quantita’ di p.a. sia veicolata da almeno 100 – 200 cc di soluzione per tombino. In caso di pioggia, ripetere il trattamento dopo 24 ore. Nei fondi privati, lasciare una confezione di prodotto Bti al responsabile del condominio, palazzo o villa, sufficiente per un trattamento a settimana per l’intero periodo a rischio (minimo 4 mesi).

Intervento porta a porta

Dopo i trattamenti sul suolo pubblico si procedera’ a quelli in tutti i fabbricati dell’area interessata. Le modalita’ e i tempi sono quelli precedentemente descritti. Tuttavia lo scopo principale di questa attivita’ e’ quello di eliminare tutti i microfocolai peridomestici, sia quelli con presenza di larve che quelli solo potenziali, informando nel tempo stesso gli abitanti sui corretti comportamenti da adottare per evitare di allevare in casa la zanzara tigre.

  • Rapporto di attivita’: al termine del ciclo di trattamenti, i particolari dell’intervento complessivo saranno riportati dettagliatamente all’Ente committente su apposita modulistica.
  • Valutazione dei risultati: facendo seguito al primo intervento di controllo in una certa area, questa dovrebbe essere monitorata per valutare l’efficacia dell’azione. E’ importante ricordare che l’analisi va fatta da un soggetto diverso da quello che coordina i trattamenti.

Sistema di monitoraggio

Il sistema di monitoraggio puo’ essere predisposto con mezzi e tecniche diverse ma, attualmente, il sistema piu’ pratico, economico e informativo rimane l’impiego delle ovitrappole.

Parametri per la valutazione dei trattamenti: numero percentuale di trappole positive per uova sul totale di quelle operanti e numero medio di uova per trappola positiva.

Nella fase di pianificazione del sistema vanno considerate una serie di azioni sequenziali:

  • valutazione del numero rappresentativo di trappole per l’area interessata;
  • scelta dei siti per il posizionamento delle ovitrappole e collocamento delle stesse;
  • cadenza delle operazioni di controllo e manutenzione (settimanale);
  • raccolta, elaborazione, valutazione e archiviazione di dati.

Follow up dell’area d’origine del focolaio epidemico

L’area dove e’ localizzato il primo focolaio epidemico verra’ trattata con cadenza settimanale per tutta la stagione residua a rischio (presumibilmente fino a meta’ novembre) secondo quanto stabilito dal protocollo per gli interventi sul suolo pubblico, mentre le ispezioni dei fondi privati saranno condotte ogni due settimane, salvo diverse informazioni deducibili dalla rete di monitoraggio.

Note sui diritti e citazioni

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