Il Pino Calabrese è un albero di terza grandezza, alto sino a 20 (25) m, molto resinoso, a tronco spesso contorto e corona larga e arrotondata con rami irregolari; corteccia dura, di colore rosso-scuro, fessurata in età.
Foglie lineari ([81 12-15 [18] cm), sottili e rigidette, scabre ai margini, di colore verdescuro. Amenti maschili numerosi e appressati, gialli; strobili ovato-conici (5-8 111] cm), sessili, orizzontali o eretti (mai riflessi), di colore rosso-bruno, lucidi, raggruppati in verticilli di 2-4 (6); semi nerastri, alati, maturanti in due anni. Fiorisce in aprile e maggio.
Il Pino calabrese ha un areale limitato al bacino mediterraneo orientale, dall’Anatolia e dalla Siria sino alla Grecia. In Italia fu descritto da Tenore per l’Aspromonte, che lo denominò P. brutia (da Ager brutius = Calabria) ma è dubbio che la specie vi sia effettivamente indigena; è più probabile che vi sia stata intro dotta con la coltivazione.
Specie eliofila e xerofila, è assai frugale e indifferente al substrato. Si trova ora in numerosi rimboschimenti dell’area mediterranea, nei quali è stato adottato, di solito sotto il nome di Pino parolino o paroliniano, per la valorizzazione dei terreni aridi e rocciosi.
Il Pino Calabrese presenta molte affinità con il Pino d’Aleppo, sul quale ha il vantaggio di un tronco meno irregolare, di un più rapido accrescimento e di una maggiore resistenza al freddo. I caratteri del legno e le utilizzazioni sono in tutto simili a quelle del Pino d’Aleppo.