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Disinfestazione nell’industria alimentare

Nell’effettuare un monitoraggio ambientale in un’industria alimentare (intesa nel senso della 155/97, ossia disporre di un “sistema” di ispezioni organizzato e in grado di allertare un “sistema” di interventi o addirittura procedure correttive), dobbiamo tenere conto non solo delle entità infestanti presenti o potenziali, ma anche delle caratteristiche strutturali e gestionali del luogo. Infatti, ciascuna industria alimentare anche se appartiene alla stessa categoria (per esempio tutti i panifici, tutti i magazzini alimentari o tutte le industrie di conserva di pomodori, ecc) rappresenta sempre un caso a sé.
Sia le caratteristiche strutturali che quelle gestionali influiscono sulla quantità di detriti presenti nell’ambiente; inoltre vi possono essere angoli, anfratti e fessurazioni in misura variabile, ristagni di umidità a causa di tubazioni rotte, microclimi favorevoli allo sviluppo di insetti, perdite di prodotto dagli impianti o dalla movimentazione, pulizia e ordine effettuati in maniera differente da un’industria a un’altra.

In relazione a tutte queste variabili cambia la quantità e la molteplicità delle specie di entomofauna presenti nell’ambiente che, oltre agli insetti propri delle derrate alimentari, si arricchisce di mangiatori di detriti, di residui di prodotto alterati, di muffe, di miceli, di spore.A catena giungono anche i divoratori di questi insetti sottoforma di predatori, parassitoidi o specie che semplicemente intergrano la propria dieta con spoglie di insetti.
In linea generale gli insetti che vivono sui detriti vengono chiamati detriticoli; sono in genere insetti comuni in natura, che penetrano e si sviluppano laddove trovano condizioni favorevoli. Diverse specie di detriticoli possono però spostarsi sulle derrate alimentari infestandole. Solitamente sono infestanti “secondari”, ovvero compaiono in seguito a un attacco già in corso, ma ovviamente incrementano i danni.

La maggior parte dei detriticoli più frequenti nel comparto alimentare e soprattutto nei magazzini, appartiene all’ordine dei Coleotteri e alle seguenti famiglie:

  • Criptofagidi
  • Cucuidi
  • Dermestidi
  • Latrididi
  • Micetofagidi
  • Nitidulidi
  • Ptinidi
  • Silvanidi
  • Tenebrionidi

I CRIPTOFAGIDI

Insetti di piccole dimensioni, con elitre più o meno pelose e capo incassato nel protorace. I più comuni sono I’Henoticus cali fornicus, importato dal Nord America; si nutre di funghi (Aspergillus, Penicillium) che si sviluppano sui detriti o sulle derrate alimentari non ben conservate e le specie del genere Cryptophagus che si cibano di spore e ife fungine.

I CUCUIDI

Noti come coleotteri piatti dei grani sono minuscoli coleotteri depressi con antenne lunghe e sprovviste di clava. Vi appartengono i generi Leptophloeus, Planolestes e il più frequente Cryptolestes, tipicamente detriticolo, che si riscontra spesso anche sulle derrate vegetali conservate.

I LATRIDIDI

Insetti piccoli (1 a 3 mm), allungati, forniti di antenne clavate e di colore marrone o nero. Si enumerano almeno 35 specie rinvenute nei magazzini di tutto il mondo e molte di queste sono comuni anche nel nostro Paese. Si cibano di muffe e funghi e non attaccano direttamente le derrate conservate, la loro presenza è però da considerarsi un indice igienico negativo. Le specie più diffuse appartengono al genere Corticaria, Dienerella e Lathridius.

I MICETOFAGIDI

Sono coleotteri piccoli, ovali e pubescenti, con antenne clavate, di colore marrone o nero, spesso con macchie gialle o rossastre sulle elitre. Il loro nome indica chiaramente ciò di cui si nutrono: miceti, ovvero funghi. Anch’essi non attaccano direttamente le derrate conservate. Le specie Italiane più comuni sono Thyphaea stercorea e Mycetophagus quadriguttatus.

I NITIDULIDI

Si riconoscono molto facilmente perché sono piccoli (2 a 4,5mm), ovali, con elitre clavate come molti altri coleotteri, ma presentano le elitre raccorciate e dorsalmente si vedono 2 o 3 segmenti addominali. Adulti e larve si nutrono di alcune derrate conservate (frutti secchi, grano, spezie, semi) che però prediligono quando sono contaminate da funghi e muffe. Le specie più diffuse fanno parte del genere Carpophilus.

I SILVANIDI

Tra questi emerge l’Ahasverus advena  che può svilupparsi in maniera abnorme nei depositi dove vi sono carenze nella gestione delle pulizie e quindi i residui non vengono asportati o permangono sui pallet o sulle strutture per troppo tempo. La presenza di derrate ammuffite o di elevata umidità ambientale incrementano parimenti il numero

I DERMESTIDI

Non sono veri e propri detriticoli in quanto vivono anche in molti altri ambienti e substrati. Si cibano di sostanze animali e, alcuni, anche vegetali essiccate. La loro presenza tra i detriti delle derrate alimentari è però diffusa in quanto, in genere, vi trovano ciò che serve per vivere tra cui i resti di altri insetti. Gli Antrenus spp. e gli Attagenus spp. sono assai comuni; in natura incontriamo gli adulti sui fiori e le larve sui nidi di uccelli, nelle tane dei roditori e nelle carcasse di animali.

GLI PTINIDI

Detti Tarli ragno per il loro corpo tondeggiante e le lunghe zampe, presentano caratteristiche similari ai Dermestidi. Si sviluppano infatti su substrati vegetali e animali essiccati e vivono in una gran varietà di ambienti. Gli Ptinus, soprattutto P.fur, si sviluppano sui detriti e la loro presenza nei magazzini è molto comune. Gibbium psilloides, Mezium affine e Niptus hololeucus possono trasferirsi e moltiplicarsi sulle derrate immagazzinate.

I TENEBRIONIDI

Sono più noti come infestanti delle derrate, iTriboli ne sono i principali rappresentanti, ma ricordiamo che alcune specie possono riscontrarsi tra i detriti alimentari dei magazzini: l’Alphitiphagus bifasciatus si nutre di muffe e i Palorus spp. prediligono le granaglie ammuffite.

GLI PSOCOTTERI

Un altro gruppo di insetti che si reperisce tra i detriti dei depositi alimentari è quello degli Psocotteri, volgarmente noti come pidocchi dei libri, dato che si sviluppano sui vecchi volumi ammuffiti. II loro sviluppo è associato ad una elevata umidità ambientale. Si nutrono di muffe, funghi, lieviti, alghe che si formano sulle derrate mal conservate e sui residui abbandonati sul pavimento, negli angoli, sulle scaffalature, dentro gli interstizi di macchinari. Sono di minuscole dimensioni (1 a 3 mm) e di colore smorto: bianco, giallo, grigio o marrone. Le specie più diffuse sono il Liposcelis divinatorium e altre dello stesso genere, il Trogium pulsatorium e alcune specie del genere Lepinotus.

SISTEMI DI LOTTA

Premesso che gli insetti detriticoli sono dannosi per le derrate alimentari quanto quelli specifici, anzi di più in quanto indici di una situazione igienica compromessa.
La lotta si basa su interventi di emergenza seguiti obbligatoriamente da un esame critico delle procedure di sanificazione: pulizia, disinfezione, microclima, manutenzione e, se il caso, riesame dei processi di produzione con particolare riferimento agli sfridi.

Il capitolo pulizie merita una precisazione: sono gli angoli nascosti quelli che devono essere puliti, generalmente le aree ben in vista sono mantenute ragionevolmente pulite.
Per gli interventi di disinfestazione è bene utilizzare prodotti abbattenti nella fase eradicante, evitando così il rischio di contaminazione da residui. Naturalmente si possono utilizzare anche prodotti residuali avendo cura di proteggere sia le derrate sia le superfici di lavoro, senza trascurare gli interventi di decontaminazione.

Ciò fatto, si procede ad accurati interventi di sanificazione, quindi si effettuano i trattamenti mirati, In questo caso si usano prodotti residuali esenti da odori, profumi e anche privi di vapor effect; se quest’ultima caratteristica fosse ritenuta necessaria è indispensabile attivare una serie di interventi di sicurezza, ad esempio l’arieggiamento.

Resta inteso che gli insetticidi devono essere utilizzati secondo le disposizioni e le avvertenze riportate in etichetta e, non sarebbe male, disporre di disciplinari circostanziati per ogni filiera o linea di produzione. Sottolineiamo in conclusione che il monitoraggio serve a guidare gli interventi, se ciò non fosse diventerebbe una pratica costosa senza un obiettivo logico: sarebbe come una analisi clinica che evidenziando una patologia non fosse seguita da una adeguata terapia.

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