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Architettura verso sostenibilità

Chi fermerà la Cina

Ormai è certo, la tigre cinese accelera il nostro declino. E altrettanto certo che sia uno dei fattori principali che determinano il caro petrolio. L’instabilità dell’area mediorientale e la guerra in Irak un giorno forse finiranno, ma con la tendenza al rialzo dell’oro nero sul lungo periodo, dovuto all’emergere della superpotenza economica cinese, dovremo imparare a fare l’abitudine.

Per produrre l’acciaio dei cantieri edili di Pechino e Shangai, o per alimentare la motorizzazione di massa dei cinesi, il consumo di petrolio, nell’ultimo anno è cresciuto di 800.000 barili al giorno. Di riflesso, anche l’inquinamento e il surriscaldamento del clima del pianeta dipendono da un miliardo e 300 milioni di cinesi che sono in marcia per raggiungere lo standard di vita dei paesi occidentali. E’ una marcia travolgente e disastrosa per gli equilibri del pianeta, i primi segnali vengono proprio dalla Cina.

Nel 2006 un immensa nube giallastra ha ricoperto 1,61 milioni di chilometri quadrati, 562 città piccole medie e grandi e 200 milioni di persone. Le tempeste di sabbia hanno soffiato dalla Mongolia interna, colpita dalla deforestazione e dalla desertificazione avanzante, portando sulla città di Pechino 300.000 tonnellate di sabbia. L’industrializzazione a tappe forzate che ha trasformato la Cina nel distretto industriale del pianeta ha anche fatto esplodere i consumi energetici alimentati dalle centrali a carbone altamente inquinanti. Le maggiori metropoli si avvicinano al collasso e la crescita della motorizzazione privata ha fatto salire l’inquinamento dell’aria a livelli altissimi nei centri urbani. La difesa dell’ambiente è diventata una priorità del governo, ma la desertificazione avanza insieme al prosciugamento dei fiumi e dei laghi e all’emergenza idrica.

Il processo di urbanizzazione è inarrestabile, nei prossimi 20 anni sono previste 400 nuove città superiori al milione d’abitanti. A Pechino, 20 milioni di abitanti e solamente 2 milioni di automobili, occorrono ore per gli spostamenti. Anche Shanghai e Canton si avvicinano alla soglia dei 20 milioni di abitanti, mentre Chongquing ha superato i 30 milioni, e vanno verso il collasso demografico e ambientale.

Sieeb (Sino-Italian Ecological end Energy Efficent Building)

Di recente, proprio a Pechino è stata realizzata la nuova sede della facoltà di Scienze ambientali dell’università Tsinghua frutto di un accordo di cooperazione tra il nostro ministero dell’Ambiente e il ministero della Scienza e della Tecnologia della Repubblica popolare cinese. Il Sieeb (Sino-Italian Ecological end Energy Efficent Building), progettato dallo studio di architettura Mario Cucinella, si caratterizza per le terrazze coperte di vegetazione, per l’uso dell’energia solare, dell’illuminazione naturale e dei sistemi di risparmio energetico. Il Sieeb è diventato un edificio simbolo di quel tipo di architettura che cerca di affrontare il disastro climatico progettando e realizzando edifici sostenibili dal punto di vista ambientale ed energetico.

Di architettura ecologica si incomincia a parlare diffusamente negli anni Settanta, ma solo dopo il Summit di Rio, negli anni Novanta, la consapevolezza della necessità di affrontare i problemi energetici e ambientali nel campo delle costruzioni suscita l’interesse del grande pubblico.

Architettura sostenibile low-tech, high-tech e sviluppo urbano

Nel campo dell’architettura sostenibile si confrontano oggi diverse tendenze che vanno dai sostenitori del low-tech, che prediligono il legno, i materiali naturali, la terra e i tetti “vegetalizzati”, sino alle archistar dell’high-tech, con le loro spettacolari costruzioni in metallo e vetro, fotovoltaico e tecnologie informatiche.

Occorre rendere merito a Richard Burdett, direttore della Biennale di Venezia del 2006, che ha portato l’attenzione dai singoli oggetti, dalle singole opere di questa o quella archistar alle città, anzi alle megalopoli, ricordando che più del 50% della popolazione mondiale vive nei centri urbani, e che lungo le coste della Cina fra 30 anni si concentrerà quasi metà della popolazione urbana mondiale.

Quali saranno le politiche urbane di governo di questo fenomeno che può avere effetti distruttivi sia sul piano sociale sia su quello ambientale? E l’architettura che ruolo può svolgere per la salvaguardia degli equilibri ecologici del pianeta? I sostenitori dell’architettura sostenibile ne sono convinti e pensano ad una via di mezzo fra low-tech high-tech, che abbini i materiali della tradizione con i prodotti industriali innovativi e un immagine contemporanea.

Ecco allora che anche il termine architettura bio-ecologica appare chiaro, essa affronta le problematiche legate all’attività costruttiva per garantire il comfort e la salute degli abitanti, per ridurre l’impatto ambientale e la quantità di risorse naturali consumate. A partire dal consumo energetico: si calcola che in Europa l’industria della costruzioni utilizzi il 40% della produzione totale di energia e contribuisca in eguale misura al rilascio di emissioni clima-alteranti. E il tema dei mutamenti climatici si presenta come una delle maggiori emergenze ambientali non solo per l’area mediterranea, che soffre in diverse regioni di problemi di desertificazione ed esaurimento della risorsa idrica, ma per l’intera Europa.

Industria delle costruzioni e consumo delle risorse

Considerando anche che circa il 50% delle risorse sottratte alla natura sono destinate all’industria edilizia e di conseguenza il 50% dei rifiuti prodotti annualmente nel nostro continente provengono da questo settore. Appare chiaro che, per tali ragioni, il futuro dell’industria delle costruzioni e del nostro modello urbano, a cui è strettamente connessa, ci riguarda direttamente.

Ancora oggi, l’architettura e l’industria delle costruzioni sono sotto il profilo tecnologico drammaticamente arretrate. Non sembrano toccate dall’evoluzione tecnologica a cui ha dato luogo l’informatica e che ha permeato la nostra vita quotidiana, ne dai processi di miniaturizzazione e materializzazione che potrebbero portare ad una graduale riduzione dei pesi ambientali (1). Al contrario in questi anni l’industria edilizia ha aumentato nella sua evoluzione la sua materialità e il suo peso ambientale. Un edificio contemporaneo, anche se formalmente innovativo, è in genere profondamente obsoleto dal punto di vista sostanziale.

(1) Giancarlo Allen, l’ARCHITETTURA NATURALE, n° 14, 2002

Qualità dell’architettura, comfort e clima urbano

La gravità di questa situazione si percepisce soprattutto nelle città. Dove è percepibile nella stagione estiva l’innalzamento delle temperature, l’isola di calore che ormai avvolge tutte le aree urbane, e lo stress termica a cui gli abitanti sono sottoposti. L’ambiente urbano è più caldo dello spazio che lo circonda. Le cause risiedono sia nei materiali utilizzati per costruire i palazzi, che assorbono le radiazioni solari e continuano a rilasciare calore anche nelle ore notturne; sia nelle superfici delle strade e marciapiedi, che si comportano allo stesso modo.

La bolla di calore che circonda i centri urbani è inoltre determinata dalla mancanza di vegetazione e dalla collocazione degli edifici, che impedisce una buona ventilazione e rende difficile il passaggio del vento fra le case. Vanno ricordati anche i danni provocati dagli impianti di condizionamento, che emettono aria calda all’esterno degli edifici e accrescono oltre ogni limite il fabbisogno energetico, provocando un aumento della produzione, e di conseguenza un aumento delle emissioni clima-alteranti.

Architettura ecologica ed economia verde in Germania

Negli anni settanta, l’ecologia in Germania aveva ancora una connotazione “alternativa” e la sua applicazione nel settore delle costruzioni era a uno stadio pionieristico. All’inizio del terzo millennio lo sviluppo sostenibile è uscito dalla fase ideologica per diventare un settore economico con un suo spazio, e la qualità ambientale costituisce per molte imprese un fattore d’innovazione e di rinnovamento dell’immagine aziendale.

L’alternativa sostenibile è diventata un percorso praticabile per committenti, architetti, ingegneri e imprese, che possono operare all’interno di un quadro normativo evoluto sull’energia e sulle certificazioni, sia per la casa a basso consumo che per la casa passiva.

L’impianto logico del sistema tedesco si basa sull’ottimizzazione della forma, dei materiali, della gestione e della manutenzione. Città come Friburgo o Stoccarda applicano alla maggior parte degli interventi pubblici e privati questi criteri, e realizzano sia progetti urbani che programmi scolastici secondo i principi dello sviluppo sostenibile. Questo atteggiamento, affatto ideologico ma molto pragmatico, ha condotto a una crescita annuale maggiore del 30% del peso economico del mercato ecologico.

Non a caso in Germania il settore delle energie rinnovabili si è sviluppato molto in questi anni, portando all’installazione di milioni di pannelli solari, alla crescita oltre 50.000 unità nel numero degli occupati dell’industria che li produce e nelle società che li installano. La campagna per la realizzazione di 100.000 tetti fotovoltaici, promossa dallo stato tedesco ha contribuito ha dare nuovo impulso al mercato.

L’architettura ecologica in Austria

Invece in Austria si distingue in modo particolare la regione occidentale del Vorarlberg, dove sono stati sviluppati modelli urbanistici e architettonici mirati a ridurre il consumo di suolo, risparmiare energia e utilizzare materiali naturali. Le realizzazioni di architettura sostenibile sono caratterizzate da forme semplici ma non banali, da soluzioni tecniche e strutturali realistiche e da una grande attenzione per gli aspetti sociali. Il pragmatismo e la collaborazione fra progettisti, uffici tecnici e imprese, sia artigianali che a scala industriale, ha portato a realizzazioni conformi al modo di vita contemporaneo.

L’Austria ha inoltre fatto della produzione del legno un settore importante dell’economia esportandone una grande quantità in Italia, dove insieme alla terra cruda, è uno dei materiali più utilizzati in bioedilizia. La forestazione produttiva per l’esportazione del legname per le costruzioni ha portato alla crescita del 30% delle superfici boschive, grazie anche a programmi di sostegno dello stato e allo spazio che il settore della forestazione ha avuto nella pianificazione territoriale e urbanistica.

Friburgo un modello di eccellenza per l’architettura sostenibile

L’impegno per uno sviluppo sostenibile dell’architettura è stato assunto, come criterio cardine per le politiche urbane, dall’amministrazione pubblica della città tedesca di Friburgo. Con la costruzione di due quartieri sostenibili, lo sviluppo del trasporto pubblico e delle energie rinnovabili, essa è diventata un modello, dal punto di vista ambientale, per tutta l’Europa (1).

Gli effetti positivi delle politiche sostenibili di sviluppo urbano hanno dato nuovo impulso all’economia di questa città universitaria (30.000 studenti) che è cresciuta dai 174.000 abitanti del 1970 ai 204.000 del 2000. L’azione congiunta di aziende, università e autorità locali ha portato alla creazione di più di 10.000 posti di lavoro in campo ambientale e alla nascita di un parco tecnologico incentrato sull’industria biotech. Inoltre la città ospita sedi di fabbriche di pannelli solari e di istituti per la ricerca applicata nel campo dell’energia solare.

Per la costruzione del quartiere Rieselfeld sono stati promossi concorsi di idee urbanistici e architettonici, previste costruzioni a basso consumo energetico e un sistema di trasporti urbani che privilegia trasporti pubblici, pedoni e ciclisti. Il recupero urbano e ambientale di un’area militare dimessa ha portato alla realizzazione del quartiere Vauban, basato su criteri di coesistenza di residenze e luoghi di lavoro, eterogeneità sociale e rapporto armonioso tra case, spazi esterni e paesaggio. Il Vauban Forum ha promosso la partecipazione degli abitanti al progetto del quartiere e delle abitazioni, basate su criteri ecologici e di integrazione sociale, sull’incremento della densità edilizia e sul riutilizzo delle acque piovane.

(1) Dominique Gauzin-Muller, ARCHITETTURA SOSTENIBILE, Edizioni Ambiente, 2003

L’architettura ecologica dal contesto europeo a quello italiano

Nel nord America e in Europa l’attenzione dei progettisti sui rischi connessi all’esaurimento delle risorse naturali, al riscaldamento del pianeta e all’esclusione sociale, ha portato a vedere nell’approccio sostenibile un’opportunità per gli architetti, liberando un impressionante potenziale di innovazione. Senza esibire coefficienti di risparmio energetico o “patenti” di ecologicità, molta della produzione architettonica contemporanea dei due continenti integra i parametri della sostenibilità all’interno dei criteri costitutivi del progetto.

In Germania e Austria, dalla fine degli anni ottanta, si costruisce secondo una logica che mette l’uomo e la sua relazione con la natura al centro della riflessione, attraverso la sperimentazione di un approccio empirico alla sostenibilità. Nei paesi scandinavi, Gran Bretagna e Francia hanno invece messo a punto sistemi di certificazione energetica e ambientale degli edifici, attraverso griglie di obiettivi utilizzate in fase di indirizzo del progetto, valutazione e verifica dell’intervento. Il successo dell’approccio sostenibile all’architettura è legato alla sensibilità dell’opinione pubblica, all’attenzione per le tematiche ambientali, al grado di sviluppo del senso civico.

L’ANAB

La ricerca di un’alternativa ecologica nel settore delle costruzioni ha prodotto un dibattito sviluppatosi in Italia grazie anche alle due associazioni più diffuse l’Istituto Nazionale di Bioarchitettura (INBAR) e l’Associazione Nazionale Architettura Bioecologica (ANAB).

L’ANAB ha sviluppato SB100, un proprio sistema di valutazione del consumo energetico e l’impatto ambientale di un edificio. SB100 (Sustainable Building wiht 100 actions) è un sistema multicriterio che si affianca alle esperienze già attive nel nord America e in Europa, come quella del canadese GBC (Green Building Challenge), del francese HQE (Haute Qualitè Environnemental), dell’inglese BREEAM (BRE Environmental Assesment Methhod), dello svizzero MINERGIE.

In Italia l’unica esperienza attivata finora dalla Provincia di Bolzano (Casa Clima) valuta sopra tutto gli aspetti energetici degli edifici. Mentre il sistema messo a punto da ANAB è costituito da linee guida, abaco di azioni, lista di controllo, che considerano una molteplicità di aspetti necessari per fare un’architettura veramente sostenibile. Fare architettura ottimizzando le risorse, facendo attenzione:

  • agli aspetti ecologici (la qualità dell’ambiente);
  • agli aspetti biologici (la salute nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro);
  • sociali (l’architettura per la crescita civile della comunità);
  • economici (praticabilità delle scelte e crescita economica nel rispetto delle risorse ambientali).

SB100, Sustainable Building wiht 100 actions

Il sistema SB100, sviluppato da un team guidato dall’architetto Giancarlo Allen, non definisce univocamente che cosa sia un edificio ecocompatibile, ma ha il pregio di essere contestualizzabile, sulla base delle caratteristiche ambientali e climatiche di ogni regione. Consente inoltre di valutare l’insieme delle azioni più opportune che il progettista, il committente o l’impresa scelgono per ottenere un edificio sostenibile.

Tali caratteristiche fanno si che il metodo SB100 si presti ad essere utilizzato in particolare dagli Enti Pubblici, sia come strumento normativo o di indirizzo per le opere pubbliche, i bandi di edilizia economica popolare, i contratti di quartiere, i concorsi di progettazione, ecc., sia come integrazione alla normativa tecnica comunale e in particolare ai regolamenti edilizi. Rappresenta uno strumento di riferimento per la definizione di programmi di certificazione energetica e ambientale degli edifici e per l’avvio di politiche di incentivazione qualitativa del settore delle costruzioni.

Contiene sia le 100 schede descrittive che un elenco ragionato di obiettivi, le azioni per raggiungerli, ma anche una check list per controllare i risultati. Alla fine del processo la classe di merito viene espressa da un numero, che indica la sostenibilità dell’edificio rispetto ai parametri qualitativi stabiliti dal programma.

Architettura bioclimatica, la scuola di Venezia

Il metodo degli architetti Sergio Los e Natasha Pulizer consiste, da oltre tre decenni, nel porre come base di partenza dell’attività progettuale i problemi della città, generalmente trascurati rispetto ai temi “urbanistici”. La riflessione parte dal pensiero del movimento moderno, dal suo modo di vedere della città, e dalla sua incapacità di coglierne gli aspetti di interazione fra gli individui, di luogo che favorisce la comunicazione fra coloro che la abitano. All’inizio del Novecento solo il 10% della popolazione umana abitava in città, alla fine dello stesso secolo gli abitanti delle città sono diventati il 50%. Il ventesimo secolo ha modificato profondamente le società occidentali, sia quella europea che quella americana, facendo emergere gli elementi di crisi, fra i quali, non ultimo, il “non saper fare le città”. Il governo inglese, cogliendo gli elementi di crisi ma anche i segnali nuovi, ha commissionato uno studio sulla crescita urbana nel Regno Unito, considerata come un vero e proprio rinascimento della città inglesi.

Ma anche la sostenibilità deve fare i conti con la città come sistema di responsabilità e coscienza del posto dove ci troviamo e viviamo. A partire dalla questione energetica. Poiché il 50% dell’energia prodotta globalmente viene utilizzata per climatizzare le case, il doppio di quella utilizzata per il trasporto aereo, per i treni, le automobili, il doppio di quella usata per produrre il ferro, l’acciaio.

La città non è una macchina

La città è pensata dall’urbanistica funzionalista come una macchina, come la macchina a vapore della prima rivoluzione industriale, che con la diffusione del treno e delle ferrovie avvia lo sviluppo di Europa e Stati Uniti. Le Corbusier da ordine sistematico a questo pensiero teorizzando l’abitazione come machine à abiter: la metaforastabilisce una vicinanza culturale con la macchina a vapore, costruendo un modello destinato ad affermarsi e a diffondersi globalmente.

Questo pensiero sopravvive ancora, ma mostra tutti i sui limiti nell’epoca dell’elettronica e della rete. Los stabilisce un paragone tra gli edifici che compongono la nostra città e i chip del computer: l’architettura al pari dell’hardware può mutare il proprio funzionamento accogliendo i diversi software, i sistemi operativi. L’architettura rimane invariata, mutano gli usi ai quali viene adibita, l’edifico non è un automobile ferma, non è una macchina per abitare prodotta industrialmente, rimpiazzabile come l’automobile.

Ma la differenza fondamentale che viene trascurata: l’automobile si sposta mentre la casa è ferma, è il segno dell’incomprensione della città storica che rimane il grande limite degli architetti del movimento moderno. L’isolato della città ottocentesca, a Cagliari come a Milano ha un turn-over di 4-5 anni, le attività possono cambiare, essere sostituite o rimanere le stesse, lo stesso edificio può ospitare di volta in volta abitazioni, uffici o studi professionali. L’edificio non viene sostituito col mutare delle destinazioni d’uso, si dimostra e in grado di ospitare qualunque attività, più flessibile per esempio delle Siedlungen funzionaliste, prodotto dell’ideologia modernista, adatte per il solo uso abitativo.

La città bioclimatica

Los propone quindi un percorso progettuale, che prende le distanze dal funzionalismo, mette l’effetto urbano è l’isolato come fondamenti dell’attività compositiva, considera la possibilità di cambiare le destinazioni d’uso degli edifici, valuta con attenzione l’esposizione solare e i venti, la disposizione delle strade e la posizione dell’edificio. Il punto di partenza di questo percorso sono le interazioni con il contesto che rimangono stabili lungo tutta la vita dell’edificio, mentre le destinazioni d’uso cambiano nel corso del tempo.

Il secondo elemento considerato sono le tre grandi famiglie tipologiche di base. Il tipo cellulare, adatto per le abitazioni, gli uffici, le strutture sanitarie, adatto anche per sviluppare altre destinazioni d’uso. Il tipo dato dalla struttura a sviluppo orizzontale, il grande blocco adatto per il centro commerciale,le fabbriche e vari generi di impianti produttivi. Il tipo della hall per gli auditorium, i cinema, le chiese e i teatri,costituito da un grande salone di altezza adeguata. E’ il contenitore che si relaziona al contesto, l’involucro non muta al variare delle funzioni ospitate.

Silvano Piras, Delegato Anab, [email protected]

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